Oggi ho il piacere di presentarvi Flavia Ricci, una giovane autrice italiana che ha da poco pubblicato il suo primo romanzo, “Abisso sottile – La penna e la spada”, con PAV Edizioni. Flavia è una scrittrice poliedrica che, oltre a creare mondi fantastici, si dedica anche allo studio dell’ingegneria informatica. In questa intervista, ci racconta qualcosa di più su di lei, sul suo percorso e sulla sua opera d’esordio.
✨Flavia Ricci è nata a Roma nel 2000. Dopo aver frequentato il liceo classico, ha scelto un percorso accademico apparentemente distante dalla narrativa, iscrivendosi a Engineering in Computer Science alla Sapienza di Roma, dove spera di laurearsi a luglio 2025. Nonostante questo
background tecnico, la scrittura è sempre stata una parte fondamentale della sua vita. Ama costruire mondi e raccontare storie che esplorano la complessità dell’animo umano, come dimostra il suo primo romanzo, “Abisso sottile – La penna e la spada”.🖋️Flavia predilige l’high fantasy, ma non si pone limiti. Prima di Abisso sottile, ha pubblicato diversi racconti, sperimentando con generi diversi e affinando il suo stile. La sua opera d’esordio è un romanzo autoconclusivo che combina elementi di poesia, dilemmi morali e introspezione, offrendo ai lettori una storia intensa e senza tempo.
🔎 E adesso passiamo alla sua bellissima intervista e la ringrazio per il tempo che ci ha dedicato.
D. Abisso sottile è un romanzo epic fantasy molto originale, soprattutto per l’assenza di elementi classici come la magia o le razze diverse. Cosa ti ha spinto a scegliere un mondo “magicless”?
FLAVIA:È qualcosa che è venuto da sé. La storia è nata da un racconto che ampliavo man mano.
All’inizio avevo contemplato la possibilità di inserire elementi del genere ma poi mi sono
accorta di avere già abbastanza materiale per un libro vero e proprio. Dopotutto ci sono non
uno ma ben due mondi fantastici annidati tra loro :)
D. Il protagonista, Daeron, è un poeta che finisce per diventare una pedina decisiva in una guerra. Com’è nata l’idea di affidare a un narratore – e non a un combattente – il ruolo centrale della storia?
FLAVIA:La figura del narratore mi ha sempre affascinato. In molte storie è usata per arricchire
l’ambientazione e/o riferire gli avvenimenti. Ma le vicende narrate hanno un peso e mi sono
spesso chiesta cosa ne pensasse colui che le tramanda. Così l’idea di incentrare la storia su
un poeta. E per spingerlo a schierarsi cosa meglio di buttarlo in una guerra? Una guerra sia
esteriore che interiore.
D. Il rapporto tra Daeron e suo fratello gemello, Druan, tocca temi importanti come la dualità e il senso del dovere. Quanto è stato difficile gestire questa dinamica fraterna nella trama?
FLAVIA:Direi non particolarmente. Il tema dei simillimi è un topos ricorrente in letteratura perciò
costituisce un buon punto di partenza. Forse l’unica sfida è stata spiegare come
un’esperienza di crescita analoga abbia portato a vite diverse. La causa è da ricercarsi in
una divergenza caratteriale che porta alla mancanza di stima reciproca. Da parte di Druan
questa diventa vero e proprio disprezzo, perché in quanto militare egli si sente migliore del
fratello.
D. Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è Zhulfia, il mondo immaginario creato da Daeron. Quanto c’è di tuo in Zhulfia? È anche per te un luogo di fuga, come per il tuo protagonista?
FLAVIA:Non definirei Zhulfia un luogo di fuga, piuttosto è un inferno a cielo aperto e questo è
evidente a me quanto a Daeron. Gli umani che abitano questo mondo immaginario sono
destinati a essere tormentati in eterno dal proprio dio creatore, uno psicofago che si nutre
delle anime dei defunti. Il punto è proprio che non c'è via di fuga, nessun paradiso o
purgatorio, a Zhulfia la vita è un preludio al dolore.
D. Nel romanzo si parla molto di ciò che vorremmo essere contro ciò che dobbiamo essere. Ti capita mai, nella tua vita di studentessa e scrittrice, di sentire questo conflitto?
FLAVIA:È ovvio ma non si tratta solo di me. Molti giovani vorrebbero perseguire una passione che
offre scarsi riconoscimenti e quindi si trovano a dover compiere scelte delicate già prima dei
vent'anni. Daeron e Druan sono due versioni di me, uno ha scelto di seguire l'arte, l’altro di
essere materialmente utile a sé e a coloro che ha intorno. Il loro conflitto funziona perché è
un mio conflitto interiore. Scrivere questo libro mi ha aiutata a capire che non c'è una scelta
giusta e nemmeno una mutua esclusione, seppure questo non significhi assenza di rinunce.
Spero dia validazione a chi si trova ad affrontare dilemmi analoghi.
D. Hai scelto di raccontare questa storia in terza persona e con uno stile molto evocativo, ricco di poesia. Quanto conta per te la bellezza del linguaggio nella narrativa fantasy?
FLAVIA:Sono abituata a leggere narrativa classica e mi dispiace un po' vedere che oggi questo stile,
soprattutto nel linguaggio, possa risultare ostico. L’impoverimento della lingua è un problema
dei nostri giorni ma non sono la persona più adatta a parlarne. Nel libro ho inserito anche
delle poesie, volevo dare un esempio dell’arte di Daeron ma le ho rese anche un espediente
per raccontare la sua visione di sé. In generale credo che il linguaggio debba risultare al
lettore il più trasparente possibile, a meno che non si vogliano ottenere effetti particolari, che
non è il caso del mio romanzo.
D. In un’epoca in cui l’epic fantasy è spesso dominato da saghe lunghe e complesse, cosa ti ha portata a scrivere un romanzo autoconclusivo?
FLAVIA:La lunghezza di un’opera dovrebbe essere dettata dal contenuto. Abisso sottile avrebbe
costituito una saga tediosa e un racconto affrettato, è nel formato di libro che si apprezza al
meglio. Nella narrativa contemporanea c’è una forte tendenza a diluire o allungare la trama
per fidelizzare il pubblico, da fruitrice lo trovo scorretto e da autrice logorante.
D. Infine, una curiosità: “È una colpa concepire il male?” è una delle frasi più forti del libro. Cosa significa per te, e quanto rispecchia il dilemma morale dell’autore stesso rispetto alle sue creazioni?
FLAVIA:Mi ha sempre infastidito la concezione per cui la malvagità è disumana. Uno dei messaggi
del libro è che essa non solo fa parte di noi ma che sia una delle cose che ci caratterizza
proprio in quanto umani. È facile criticare gli altri ma è il modo in cui reagiamo alla
tentazione di fare del male o alla consapevolezza di commetterlo e averlo commesso che
dice di che pasta siamo fatti. Quando Daeron scopre che la sua idea di male è diventata
realtà, si sente colpevole per il solo fatto di averla immaginata, ma nell’affrontarla dovrà
provare a comprenderne le radici.
Grazie a Flavia per aver condiviso con noi il suo mondo di parole e visioni. Se volete seguirla nel suo percorso da autrice, potete trovarla sui social come @latastieradiaivalf.
📚 Se anche voi amate il fantasy senza magia e le storie che fanno riflettere, Abisso sottile – La penna e la spada è un titolo da non perdere!
Eccomi Readers, spero che anche questa volta vi siate appassionati tanto quanto me! Non dimenticate di lasciare un commento e di continuare a seguire il blog per tante altre avventure tra libri e autori. Alla prossima storia, con tante nuove emozioni da scoprire!
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